27 Novembre 2020

PRODUTTIVITÀ REMOTA

SMARTWORKING E TELELAVORO  

Fino a qualche anno fa il significato della parola “smartworking” era ignoto ancora a molti, e lo stesso si può dire per la situazione attuale. Infatti, nonostante la parola sia oramai sulla bocca di tutti, l’uso che se ne fa è improprio; “smartworking” letteralmente significa “lavoro agile”, non lavoro da casa. 

Il lavoro agile, definito dalla Legge 81/2017, è una modalità di esecuzione del lavoro subordinato caratterizzata dall’assenza di vincoli orari o spaziali  e da un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

Con telelavoro, invece, si intende un rapporto di lavoro subordinato che conserva gli stessi vincoli di orario e di responsabilità per il lavoratore, ma che viene svolto a distanza rispetto alla sede lavorativa; in sostanza l’unica cosa che cambia è il luogo dove si espleta la prestazione. 

Fatta questa precisazione, vorremmo brevemente soffermarci su alcune riflessioni in merito alla  produttività di questa modalità lavorativa, a cui ci ha indotto la pandemia in corso.  

LA PRODUTTIVITÀ

C’è chi dice che lavorando da casa si è più produttivi e chi dice che si è più distratti; in realtà, come dimostra uno studio del 2012, sono vere entrambe le affermazioni; si è più produttivi e si lavora meglio se il lavoro è creativo, mentre si è meno produttivi e più distratti se i lavori sono semplici e ripetitivi, o prevedono attività in gruppo. 

Un anno dopo, nel 2013, uno studio di Bloom sugli operatori di call center ha dimostrato che con il lavoro da remoto la loro produttività aumentava di circa il 13%; nello specifico aumentavano i minuti effettivamente lavorati per turno e il numero di chiamate effettuate per minuti di lavoro. Le ragioni dietro all’aumento erano: l’ambiente più tranquillo e silenzioso a casa, il minor numero di pause prese per turno ma anche il minor numero di giorni di malattia richiesti dai lavoratori da remoto. 

A fronte di questi risultati, terminato lo studio, l’azienda decise di istituire la possibilità di lavoro da remoto per i dipendenti che lo volessero. I lavoratori che avevano partecipato allo studio e che decisero di continuare a lavorare a casa vennero nuovamente intervistati da Bloom, il quale riscontrò che la metà di essi continuò ad incrementare la produttività arrivando ad un +20%, mentre l’altra metà fece richiesta per tornare a lavorare in ufficio perchè si sentiva isolata e sempre più distaccata dall’azienda.

Nonostante il suddetto studio sia il più grande mai fatto sul lavoro da remoto, la sua validità esterna (generalizzabilità) è molto limitata; va infatti precisato che vi erano stretti criteri di selezione per rientrare nel campione studiato: non avere figli, avere a disposizione una stanza che non fosse la camera da letto per lavorare ed essere in possesso di una rete internet ad alta velocità.

A dare ancora più importanza a queste caratteristiche del campione di lavoratori studiato nel 2013 è un recente sondaggio di maggio 2020, in cui viene riscontrata una (seppur minima) diminuzione della produttività dall’1% al 3% dei lavoratori da casa, imputata principalmente a maggiori distrazioni, e nella classifica delle distrazioni i figli sono proprio sul podio.  

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Working from home distractions – Valoir 2020 report

Lavorare da casa permette di risparmiare il tempo del viaggio casa-lavoro, di poter stare in un ambiente familiare e di risparmiare i soldi del pranzo, tuttavia, secondo un recente sondaggio che ha coinvolto 16 mila lavoratori da casa, la comodità del lavoro da casa si paga cara: quasi il 69% ha dichiarato di soffrire di burn-out.

I NOSTRI CONSIGLI

Ci sono persone che sperano di poter continuare a lavorare da casa anche una volta terminata l’attuale emergenza sanitaria e altre che non vedono l’ora di poter tornare in ufficio, ma al momento, e forse ancora per un bel po’, saremo tutti in telelavoro, per cui, di seguito vi riportiamo i nostri consigli per chi lavora da casa: 

  • Costruitevi il vostro spazio: è ormai risaputa l’associazione luogo-attività del nostro cervello, per cui è importante crearsi un proprio angolo, con anche solo un paio di oggetti, puramente dedicato allo svolgimento dell’attività lavorativa. 
  • Prendetevi le giuste pause come se foste in ufficio: anche se non andate fuori a mangiare e non ci sono i colleghi con cui distrarsi e fare quattro chiacchiere, prendetevi del tempo per staccare dal lavoro, così da ritornarci con una mente fresca.
  • Programmatevi la giornata: mettetevi degli obiettivi giornalieri e settimanali da raggiungere, che siano realistici ma allo stesso tempo stimolanti. 
  • Identificate le fonti di distrazione e trovate strategie per arginarle o limitarle: se il problema sono i social media impegnatevi a disattivarne le notifiche e decidere il tempo da dedicarci e rispettarlo, o addirittura eliminarli. 

IN CONCLUSIONE

A seguito di questo periodo di emergenza sanitaria, in cui il numero di lavoratori da casa è aumentato esponenzialmente, verranno sicuramente pubblicati numerosi studi sulla correlazione produttività-lavoro da remoto, ma la generalizzazione dei loro risultati andrà fatta con cautela, in quanto è attualmente in corso una pandemia mondiale che, in un modo o nell’altro, ha toccato e influenzato le vite di tutti. 

In aggiunta, l’ampio ventaglio di professioni rende praticamente impossibile, per qualsiasi studio, produrre dei risultati generalizzabili a tutte; se la produttività degli operatori di call center è facilmente quantificabile, poiché legata a mansioni semplici e ripetitive, lo stesso non si può dire per quella dei knowledge workers, il cui lavoro si misura in termini qualitativi e non quantitativi, in quanto le loro mansioni cambiano sia per tempistiche sia per impegno richiesto e spesso prevedono lavori in team. 

Per realizzare uno studio valido per tutti i lavoratori bisognerebbe infatti prendere come riferimento indici trasversali, come ad esempio quelli biologici legati al grado di attivazione neuronale, e non parametri legati al lavoro specifico, come la produttività,.

Dunque, a fronte della scarsa generalizzabilità degli studi sopra riportati, dovuta sia ai parametri adottati che alla ristrettezza dei campioni (in termini di età, professione e caratteristiche personali), riteniamo che non ci sia ancora una risposta univoca e certa al quesito riguardante la correlazione produttività-lavoro da casa.

Di certo c’è che il confronto informale, il supporto reciproco tra colleghi e la socialità legata all’ufficio sono elementi importanti, ma qualcuno ad essi predilige la tranquillità e la comodità del lavoro da casa. Nessuno conosce un lavoratore meglio di  se stessi, dunque solo ciascuno di noi è in grado di dire con certezza dove è più produttivo e dove preferisce lavorare.
Assecondare, fin dove possibile, le preferenze di ciascuno garantisce individui più soddisfatti e motivati, ovvero lavoratori più produttivi. 

Camilla Mastrapasqua
Recruiting consultant – mifhr selezione del personale

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